L'AIUTO NELLE CATASTROFI
La storia delle Suore Cappuccine
"[...] Ieri, giorno di S. Lucia, mi è giunta una raccomandata della Clinica S. Francesco con l’assegno di £ 100.000. Sono contenta per i miei cari friulani: me li sento parte viva del mio cuore e del mio spirito". 14/12/1976
TERREMOTO DI MESSINA | 1908
Il 28 dicembre 1908 un terremoto di magnitudo 7.2 dell’11° della scala Mercalli, si abbatté violentemente sullo Stretto, colpendo Messina e Reggio in tarda nottata, alle 5:20 ora locale. Uno dei più potenti sismi della storia italiana aveva quindi colto la regione nel sonno, interrotto tutte le vie di comunicazione (strade, ferrovie, tranvie, telegrafo e telefono), danneggiato i cavi elettrici e le tubazioni del gas, e sospeso così l’illuminazione stradale fino a Villa San Giovanni e a Palmi. Con lo strascico di un maremoto, l’evento devastò particolarmente Messina, causando il crollo del 90% degli edifici. Nella nuvola di polvere che oscurò il cielo, sotto una pioggia torrenziale e al buio, i sopravvissuti inebetiti dalla sventura e semivestiti non riuscirono a rendersi conto immediatamente dell’accaduto. […] Furono colti dalle esplosioni e dagli incendi causati dal gas che si sprigionò dalle tubazioni interrotte. Ai danni provocati dalle scosse sismiche e degli incendi si aggiunsero quelli cagionati dal maremoto, di impressionante violenza, che si riversò sulle zone costiere di tutto lo Stretto di Messina con ondate devastanti stimate, a seconda delle località della costa orientale della Sicilia, da 6 a 12 metri di altezza. Il fenomeno provocò molte vittime fra i sopravvissuti che si erano ammassati sulla riva del mare alla ricerca di un’ingannevole protezione. Improvvisamente le acque si ritirarono e dopo pochi minuti almeno tre grandi ondate aggiunsero altra distruzione e morte. Nel suo ritirarsi la marea risucchiò barche, cadaveri e feriti. Molte persone, uscite incolumi da crolli e incendi, affogarono trascinate al largo. Messina, che all’epoca contava circa 140.000 abitanti, ne perse circa 80.000 e Reggio Calabria registrò circa 15.000 morti su una popolazione di 45.000 abitanti. […] Altissimo fu il numero dei feriti e catastrofici furono i danni materiali. Le scosse di assestamento si ripeterono con frequenza nelle giornate successive e fin quasi alla fine del mese di marzo 1909.
Le Terziarie partirono da Genova dopo che la stampa ebbe diffuso le prime notizie del disastro. Purtroppo non è stata conservata che una piccola traccia di documentazione archivistica a testimonianza dell’opera di soccorso prestato dalle Nostre. Come per altre circostanze, pur meno gravi ed eclatanti, le Terziarie non hanno sentito il bisogno di ‘raccontarsi’ o di lasciare traccia del loro operato, unicamente intente ed immerse nella carità a cui la storia le chiamava. Tuttavia nell’ASCG si conservano alcuni documenti che ne costituiscono una testimonianza. La prima è tratta dal volume “Prospetto cronologico di tutte le Fondazioni d’Italia, d’America e di Africa O.I.”, appartenente alla serie Case Istituto, che qui rendiamo in trascrizione.
«Per volontà espressa da S. Ecc. Rev.ma Mons. Edoardo Pulciano, arcivescovo di Genova, le Suore partirono in n. di 4 alla volta di Messina per prestare opera di soccorso ai colpiti dal terremoto sulle navi-ospedale nella rada di Messina.
Stettero colà un mese soccorrendo quei miseri; poi, essendo venuti a Genova migliaia di questi profughi, le Suore tornarono, continuando, esse ed altre, ancora a prodigare la loro assistenza in Genova, non più sulle navi, ma nella Casa “Gente di mare”.
Non poco fu il bene che le Suore fecero a questi profughi, sia materiale che spirituale. Si adoperarono in modo particolare per far ritornare a Dio tanti di questi poveretti che, lontani da ogni pratica religiosa da molti anni, trovarono nell’assistenza amorevole delle Suore, la via per tornare al Signore. (…) In particolare si presero cura di tanti piccoli bambini d’ambo i sessi, adoperandosi d’istruirli nella religione; insegnando il catechismo ne prepararono un buon numero alla 1a Comunione. Le Suore seguirono in quest’opera pietosa di soccorso e di carità sino al marzo del 1909 (…)».
Ricordiamo di seguito alcuni dati personali delle Suore che furono encomiate per la loro opera:
- Sr. M. Laura di S. Luigi (al secolo Francesca Scorza), nata ad Arenzano (Ge) il 27 gennaio 1874, aveva vestito l’abito religioso a Genova il 18 settembre 1898, professato i Voti temporanei il 17 settembre 1900 e quelli perpetui il 10 ottobre 1907. È morta a Loano il 3 settembre 1954.
- Sr. M. Giorgina di S. Luca (al secolo Anna Mondino), nata a Beinette (Cn) il 2 aprile 1872, aveva vestito l’abito religioso a Genova il 3 ottobre 1888 e professato i Voti temporanei il 24 aprile 1891. Partita come missionaria in America il 4 aprile 1893, era tornata il 22 ottobre 1896 ed emesso i Voti perpetui a Genova il 18 novembre 1899. È morta a Loano il 25 aprile 1944.
- Sr. M. Filippa di S. Giacomo (al secolo M. Emilia Remondi), nata a Desenzano (Bg) il 6 gennaio 1884, aveva vestito l’abito religioso a Genova il 10 ottobre 1907. Muore novizia a Prà il 2 settembre 1909 perché «Stante l’improvviso malore non vi fu tempo per fare la Santa Professione».
- Sr. M. Alfonsina di S. Giuseppe (al secolo Maddalena Rizzi), nata a Pieve Delmonte (Cr) il 10 dicembre 1873, aveva vestito l’abito religioso a Genova il 26 luglio 1896, professato i Voti temporanei il 18 settembre 1898 e quelli perpetui il 10 ottobre 1907. È morta a Genova il 9 maggio 1954.
- Sr. M. Agnese di S. Carlo (al secolo Armida Fiorini), nata a Sarteano (Si) l’11 dicembre 1874, aveva vestito l’abito religioso a Genova il 14 settembre 1901, professato i Voti temporanei l’8 novembre 1903 e quelli perpetui il 12 ottobre 1909. Muore a Montevideo il 4 ottobre 1936.
TERREMOTO DEL FRIULI | 1976
Il 6 maggio 1976 alle ore 21:00 una scossa di magnitudo 6.4 Richter (d’intensità pari all’11° grado della scala Mercalli) colpì il Friuli con epicentro il monte San Simeone:fu coinvolta un’area di circa 5.700 kmq e 137 furono i comuni interessati. Di questi ben 45 considerati disastrati, 40 gravemente danneggiati e 52 danneggiati. A Venzone l’evento sismico provocò 47 vittime e gravi danni al patrimonio architettonico del Centro storico medioevale. Tuttavia molti edifici non crollarono sotto la forza delle scosse: tra questi il Duomo di S. Andrea e il Palazzo Comunale. A settembre dello stesso anno, dopo una serie di repliche di minore intensità registrate durante il periodo estivo, si verificò una ripresa dell’attività sismica che culminò il 15 settembre: alle ore 5:20 e alle 11:15 di quel giorno due scosse di magnitudo 6.1 Richter obbligarono oltre 100.000 persone ad abbandonare la zona disastrata alle pendici del Monte S. Simeone. Gli effetti a Venzone furono devastanti, gli edifici che superarono la prima scossa di maggio e le successive repliche crollarono riducendosi in cumuli di macerie1.
«Tramite l’U.S.M.I. regionale ligure, la Caritas genovese ha richiesto la collaborazione di religiose per l’assistenza ai terremotati del Friuli. Durante l’estate religiose di vari Istituti di tutta l’alta Italia si sono alternate con una presenza di servizio nelle tendopoli, approfittando anche delle vacanze scolastiche. Ora molte riprendono le loro attività e resta scoperto un servizio d’emergenza che si è reso sempre più urgente. Dopo il ripetersi delle scosse di terremoto e la conseguente distruzione completa dei Centri più colpiti, l’approssimarsi dell’inverno che in quelle regioni è molto rigido, l’assistenza ai terremotati si sposta verso i centri di sfollamento provvisorio sul litorale adriatico. Alle religiose liguri è stata assegnata l’assistenza alla popolazione di Venzone, paese completamente distrutto; esse seguiranno quindi questa gente che rimane unita, pur nell’esodo doloroso, verso una sistemazione provvisoria (…) le religiose divideranno con i sinistrati le attese, i dolori e le speranze, vivendo con loro e aiutandoli in tutte le necessità come sorelle (…) dalle nostre fila si staccherà per un anno la Madre Maestra suor Santina Pievani (…) ella vivrà con religiose di altre Congregazioni con le quali condividerà il lavoro, la preghiera e la vita comune. La partenza per il Friuli è fissata per il 7 ottobre, giorno caro alla Vergine SS.ma del Rosario, sotto la cui protezione s’incamminano».
«Carissima Madre Felicita, qui grazie a Dio tutto bene. Fa freddo, ma cerco di ripararmi. Il lavoro è sempre intenso, si scoprono sempre nuovi bisogni. Ora che il rapporto umano di fa più caldo si aprono con più libertà e osano domandare, confidare (…) quante volte vedo questa povera gente piangere! Gli anziani poi, non le dico! Sono contenta di trovarmi qui, ho bisogno di preghiera, di aiuto del Signore, perché le nostre parole umane non servono a nulla: è il Signore stesso che deve parlare e chinarsi con rispetto su queste persone lacerate dal dolore». (Lignano, 25/11/1976).
«Ieri, giorno di S. Lucia, mi è giunta una raccomandata della Clinica S. Francesco con l’assegno di £ 100.000. Sono contenta per i miei cari friulani: me li sento parte viva del mio cuore e del mio spirito (…)» (Lignano, 14/12/1976).
TERREMOTO IN IRPINIA | 1980
Alle 19:34 di domenica 23 novembre 1980 una forte scossa di terremoto, della durata di circa 90 secondi, colpì un’area di 17.000km²che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, zona a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza. Il sisma fece registrare delle scosse di magnitudo 6,5 della scala Richter e del X grado della scala Mercalli, con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza, e Conza della Campania causando circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti. L’area era stata già colpita da numerosi terremoti nel corso dei secoli: nel 1694 (con 6.000 vittime), nel 1907 e 1910, nel 1930 (con 1.404 vittime) e l’ultima nel 1962 (con 17 vittime). L’entità drammatica del sisma non venne valutata subito, dato che l’interruzione totale delle telecomunicazioni aveva impedito di lanciare l’allarme, e soltanto a notte inoltrata si cominciò a evidenziarne la più vasta entità. Il 14 dicembre 1980 le Cappuccine della Provincia italiana decisero di rispondere all’appello della USMI e della CARITAS liguri mandando un primo gruppo di tre Suore a Colliano (Sa), uno dei paesi colpiti dal sisma, con cui era gemellata. Ogni mese si alternarono, alle prime tre sorelle (sr. Vincenza Leoni, sr. Gemma Barrea e sr. Maria Grazia Rebuffini), gruppi di due sorelle, fino all’ottobre 1981. In segno di riconoscenza desideriamo ricordarle tutte: sr. Cristina Madaschi e sr. Gemma Barera, sr. Alessandra Marcassoli e sr. Maria Salmoiraghi, sr. Alice Airoldi e sr. Silvana Locatelli, sr. Augusta Barni e sr. Laura Zenti, sr. Florida Figini e sr. Speranza Signori, sr. Santina Pievani e sr. Valeria Pirola, sr. Damiana Gheza e sr. Angela Birolini, sr. Onorata Birolini, sr. Attilia Imi, sr. Enrica Motta e sr. Benilde Birolini.
«Prendiamo i primi contatti con la gente di Colliano che, se all’inizio sembra diffidente, si mostra presto accogliente, semplice, fiduciosa. Dai giovani della Caritas che, per fare un censimento, hanno già visitato quasi tutte le famiglie, riceviamo indicazioni su come muoverci per raggiungere soprattutto i casolari isolati e dispersi nella campagna. Un po’ per giorno visitiamo varie famiglie e il nostro compito è quello di ascoltare, confortare, essere disponibili per piccoli servizi specie agli anziani o a chi sta poco bene di salute. Ricordano e vivono con le lacrime nel racconto, i terribili momenti della sera del terremoto. La prima frazione che visitiamo è Portella (…) le case non sono molto lesionate, però sono quasi tutte dichiarate inagibili e la gente entra in casa durante il giorno, ma di notte si ritira nelle roulottes o in qualche box. Dopo qualche giorno saliamo a Capuaccio, un gruppo di casolari staccati (…) pur essendo gente che non doveva frequentare molto la chiesa, date le distanze, riscontriamo che hanno fede e rispetto di Dio, del sacro (…) il giorno del nostro arrivo a Colliano, il 15 dicembre, è stato celebrato il matrimonio di due giovani sotto una tenda militare che funziona da ambulatorio medico. Cerimonia commovente, che ha emozionato fino al pianto quasi tutti i presenti, segno della vita che continua, e di speranza in un futuro che non muore. Gli sposi sono cugini di Anna e Massimo, fidanzati, che la sera del terremoto, trovandosi in automobile fermi sotto casa, sono rimasti sepolti dalle macerie. La loro mamma, che si trovava in casa, si è salvata (…). Natale, S. Messa di mezzanotte (…) All’offertorio, anziché i tradizionali doni del pane e del vino, vengono portati all’altare, da un soldato, una pietra raccolta tra le macerie e un attrezzo di lavoro; una mamma offre il suo bimbo, segno di un dolore che ha coinvolto piccoli e grandi, e che viene presentato a Dio (…). “Signore, tu che con potenza divina cambi il pane e il vino nel tuo Corpo e nel tuo Sangue, donaci l’intelligenza, la volontà e i mezzi affinchè questa pietra possa essere trasformata nelle nostre case che abbiamo perduto…”(…)».
EPIDEMIA COVID -19 | 2022
Il Covid 19 ha segnato l’Istituto come ogni persona in tutto il mondo. La testimonianza di quel periodo vissuta con e attraverso la vita e il sacrifico delle persone che lavorano con noi è diventata un libro. E’ tutto lì: il nostro cuore.